disturbi alimentari

Cosa c’entra il cibo?

 “Il cibo è un falso problema.
Il cibo non c’entra.
Il problema è che tu vuoi essere magra.
Vuoi essere magra per essere più attraente.
Ma cosa vuoi attrarre veramente?
Ecco il tuo problema, ecco per cosa lotti anche contro te stessa…
Per attrarre cosa?
Stima? Invidia? Sesso? Affetto? Amore? Attenzione?
Cosa desideri veramente?
disturbi alimentariÈ questo che muove tutto il tuo comportamento.
È molto più utile tenere presente ciò che si vuole davvero.
Infatti non è sufficiente avere un certo aspetto per poter ricevere l’attenzione, l’affetto e l’amore che desideriamo.
Dobbiamo trovare le persone giuste, con le motivazioni giuste e facilitare questo obiettivo.
Un bel corpo attira le persone dell’altro sesso sul corpo.
Ma solitamente qualcuno ci ama per come si sente stando insieme a noi,
per come lo facciamo sentire, ovvero per il rapporto che abbiamo creato con lui/lei
che in qualche modo lo rende gratificato/a e felice.
Per questo è molto meglio una ragazza simpatica, allegra e con un bel carattere
a una bella. Una ragazza che ti da le sue attenzioni, che ti sorride, che si interessa a te,
che ti incoraggia, che ha fiducia in te, che ti apprezza, che ti ammira, che si diverte
con te e che ti fa divertire, una ragazza che dice quello che vuole invece che aspettarsi
che tu le legga nel pensiero…
Insomma una ragazza viva… spesso (ma non sempre) le ragazze che mangiano
sono più simpatiche di quelle a dieta..”


Fonte: citazione da un blog sui disturbi alimentari

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Lentamente muore

Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e non cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle “i”, piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore davanti all’errore e ai sentimenti.


Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l’incertezza, per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non legge,
chi non viaggia, chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio,
chi non si lascia aiutare,
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che non conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità…

Pablo Neruda


bimbo che ride

Depressione post parto: la storia di Martina

 Martina1 è una giovane donna di origini del sud Italia, dove vive la sua famiglia.

bimbo che rideDopo il matrimonio si è trasferita assieme al marito in una grande città del nord per ragioni di lavoro. Ha avuto molte difficoltà ad ambientarsi in questa città così caotica e fredda, così chiusa nelle relazioni umane.

Le manca il sostegno della famiglia, sia per la distanza sia perché ha sempre avuto relazioni difficili coi familiari: in particolare il rapporto con la madre è molto problematico perché non ha mai accettato che la figlia si allontanasse così tanto dai genitori.

Il parto è un’esperienza piuttosto traumatica a causa di un taglio cesareo inaspettato e per un problema medico del bambino, risolto fortunatamente nel primo mese di vita. Martina non confida a nessuno il suo malessere perché è abituata a tenersi tutto dentro. Le riesce difficile far fronte al continuo pianto del figlio e prova un profondo senso di fallimento come madre: d’altronde Martina non ha mai avuto una grande stima di sé.

La nascita del piccolo scombussola la sua vita che prima era caratterizzata da ordine e prevedibilità: a volte è disperata perché sente di aver perso per sempre la sua vita di prima. Sente di ricevere poco sostegno da suo marito e cova dei risentimenti verso di lui per i suoi impegni di lavoro e per aver smesso di darle le normali attenzioni.

bimbo che dorme

Col tempo il marito e gli amici si accorgono che Martina ha bisogno di aiuto e contattano un terapeuta esperto in queste problematiche. In poche settimane Martina incomincia un percorso psicoterapeutico e anche riconciliandosi con la propria famiglia di origine riesce a superare questo momento difficile.

 

1. Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.


Depressione post parto

Depressione Post Partum

Sempre più spesso si sente parlare di depressione post partum, una forma di depressione di cui soffrono alcune neo mamme nei primi mesi di vita del bambino. Depressione post partoLa capacità di accettare un nuovo essere che magari si era immaginato in modo diverso, la paura di non farcela, la stanchezza e la tensione accumulata durante i mesi di gravidanza e nelle notti insonni sono alcuni dei motivi all’origine di queste forme depressive che, se non curate possono avere effetti negativi sulla madre e sullo sviluppo del bambino.

Il cosiddetto baby blues è la forma più lieve, riscontrabile nei primi 20 giorni dal parto nel circa 70% delle donne. Si presenta con senso di inadeguatezza, di solitudine e frequenti pianti senza motivo. Se il baby blues non passa e i sintomi peggiorano, con sentimenti ambivalenti verso il figlio, allora si parla di vera e propria depressione.


Le cause

La maggior parte degli studiosi riconoscono che le cause biologiche (cambiamenti ormonali legati alla gravidanza e all’allattamento) sono solo una parte dei fattori coinvolti nella depressione post-partum. I fattori ambientali infatti sono determinanti e possono funzionare da amplificatore di sintomi depressivi lievi: ad esempio lo scarso supporto sociale, la solitudine, le condizioni economiche precarie, conflitti coniugali, vissuti familiari difficili nella storia della madre (che rendono difficoltoso il passaggio dal ruolo di figlia al ruolo di genitore), parto traumatico, perdita di precedenti gravidanze, ecc.

In generale diventare madre significa doversi adattare a enormi cambiamenti fisici, emotivi e sociali: la nostra cultura non prepara, assiste, né dà sostegno in questa fase difficile. Molte donne hanno difficoltà nell’adattarsi e si sentono sopraffatte dalle richieste e dalle aspettative legate alla maternità. Anche i miti della nostra cultura sulle “gioie” della gravidanza e sulla maternità perfetta possono creare aspettative irrealistiche. La conseguenza spesso è sentirsi delle “fallite” nell’affrontare questa difficile situazione, e il risultato più comune è la depressione.


I campanelli di allarme


Pianti frequenti, disturbi del sonno e dell’appetito, scarsa cura di sé, della casa o del bambino;

depressione

tutto è vissuto con grande fatica, senza concedersi un minuto di sosta. Molto spesso le madri eseguono i compiti in modo automatico, senza partecipazione emotiva e senza un vero “contatto” con il bambino. Da ciò derivano i pericolosi sensi di colpa rispetto alla propria incapacità come madre e come moglie, che in rari casi possono portare anche a pensare di farsi del male.


I vissuti di chi è depresso

“Vedo tutto nero”

“Piangerei sempre”

“Non sono capace di fare niente”

“Non sono più capace di cavarmela da sola”

“Ho paura di fare del male al bambino”

“A volte penso che il bimbo piange per darmi fastidio… e sento una grande rabbia”

“Sentirlo piangere mi fa impazzire”

“Agli altri interessa solo il mio bambino, non come mi sento io”

“Perché sto così male adesso che ho questo bellissimo bambino?”

“Tutto quello che faccio è una fatica”

“Mi stanco subito”

“Non voglio vedere nessuno”

“Sono confusa e ho la mente annebbiata”

“Mi sono appena seduta e il bambino ricomincia a piangere”

“Per un attimo mi sento benissimo e un attimo dopo sono di nuovo a terra”

“A volte penso che tutti starebbero meglio se io non ci fossi più”


Cosa Fare


Per prima cosa occorre superare la vergogna e condividere le sensazioni di disagio e di inadeguatezza con altre persone, informarsi su quanto accade fisiologicamente alle donne, al loro sistema ormonale in gravidanza, e i normali cambiamenti psicologici che avvengono in questa fase di passaggio da figli a genitori.

La depressione post partum è un disturbo curabile: spesso è sufficiente parlarne con un professionista, ricercare un adeguato sostegno psicologico per recuperare il senso della propria vita e una relazione positiva con il bambino, ripercorrendo le tappe della gravidanza e ricordando le sensazioni positive.

Non c’è niente di male ad avere momenti di difficoltà nella propria vita: è importante però riconoscere e accettare l’aiuto di qualcuno.


Consigli pratici per superare la depressione post parto

  • Parlate con altre persone di quello che vi sta accadendo. bimboIn particolare altre madri possono aiutarvi a capire che non siete le sole a sperimentare questi sentimenti contrastanti.
  • Lasciatevi aiutare da parenti ed amici nella gestione della casa e del neonato. Spesso c’è la convinzione sbagliata che “bisogna farcela da soli altrimenti chissà cosa penseranno gli altri”; invece è molto frequente avere difficoltà in questa fase e non c’è niente di male ad essere aiutati. Accade poi che gli amici o i familiari non si fanno avanti per timore di disturbare, ma avrebbero molto piacere ad essere coinvolti anche praticamente con la nascita di un bimbo.
  • Se possibile lasciate il bambino a qualcuno di cui vi fidate e prendetevi anche solo poco tempo per voi stesse (dormire, rilassarvi, fare una doccia, prendersi cura del proprio corpo, stare al telefono con un’amica e chiacchierare senza parlare di pannolini ecc).
  • Riducete le vostre aspettative nei confronti delle pulizie di casa. Se prima di avere un bambino, una casa splendente, era fra le vostre priorità, adesso che siete diventata una mamma, le vostre priorità sono cambiate.
  • Ricordatevi che la relazione di coppia deve continuare ad essere alimentata: a volte è sufficiente avere conversazioni che non riguardino vostro figlio.
  • Se il tempo lo permette uscite anche tutti i giorni per una passeggiata col bambino.
  • Coinvolgete il padre nella cura del bambino, incoraggiatelo ad occuparsi del piccolo anche se non fa le cose nel modo in cui secondo voi andrebbero fatte.

Dott. Stefano Zucchi
Psicologo Psicoterapeuta