“Qualcuno ha detto, una volta, di sentirsi come bloccato su un disco
che non smetteva mai di girare: era imprigionato nel solco, e a ogni
giro il solco diventava più profondo. Altre persone dicono che,
talvolta, quando si ascoltano parlare, si sentono come se avessero in
bocca un registratore, che ripete all’infinito le stesse cose. Ne sono
nauseate, ma in un modo o nell’altro continuano a chiudersi in un
ruolo che, per quanto fonte di sofferenza, comporta un piccolo, buffo
senso di identità che garantisce loro una certa sicurezza. Questo è il
Samsara.
L’essenza del samsara è la tendenza, comune a noi tutti, di cercare il
piacere e sfuggire la sofferenza, cercare la sicurezza e sfuggire la
mancanza di fondamenta, cercare la comodità e sfuggire il disagio.
L’insegnamento basilare è che proprio un tale atteggiamento ci rende
disperati, infelici, e ci imprigiona in una visione della realtà molto
angusta e limitata. E così ci teniamo imprigionati all’interno di un
bozzolo. Là fuori ci sono tutti i pianeti, le galassie e lo spazio
infinito, ma noi ce ne stiamo dentro il nostro bozzolo, o forse dentro
una capsula, come quelle delle vitamine. Attimo per attimo, decidiamo
che è meglio rimanere nella nostra capsula. Preferiamo rimanere una
pillola di vitamine, piuttosto che sperimentare il dolore dell’uscire
all’aria aperta. La vita all’interno della capsula è confortevole e
sicura. Abbiamo tutto sotto controllo, lì dentro. E’ una vita sicura,
prevedibile e comoda; possiamo fidarci.
Quando ce ne andiamo in giro per casa, sappiamo esattamente dove si
trovano i mobili, ed è così che ci piace. Sappiamo di avere a
disposizione tutti gli oggetti che ci servono e i nostri vestiti
preferiti. Se ci troviamo a disagio, non facciamo che colmare le
lacune. La nostra mente è alla continua ricerca di zone di sicurezza.
Restiamo in questa zona di sicurezza, e per noi la vita è così: tenere
tutto sotto controllo, tutto garantito. La morte è la perdita di tutto
ciò. E’ il nostro incubo, ciò che ci rende ansiosi. Si potrebbe
definire “morte” il sentirsi in difficoltà, imbarazzati e a disagio.
Un’altra descrizione della morte, quella cosa che ci terrorizza tanto,
potrebbe essere la confusione totale, il non sapere assolutamente
quale strada prendere. Vogliamo sempre sapere cosa ci aspetta.
La mente è alla continua ricerca di zone di sicurezza., ma queste si
dissolvono una dopo l’altra e allora ci affanniamo a costruirne di
nuove. Dissipiamo tutte le nostre energie e sprechiamo la vita nel
cercare di ricreare queste zone franche, che però non durano mai.
Questo è il samsara.
L’opposto del samsara è quando tutti i muri crollano, il bozzolo si
dissolve completamente, quando siamo totalmente aperti a qualsiasi
cosa possa accadere, senza tirarci indietro, senza fissarci su noi
stessi. E’ ciò a cui aspiriamo, la via del guerriero. E’ ciò che ci
scuote e ci ispira: saltare, essere sbattuti fuori dal nido, passare
attraverso i rituali iniziatici, crescere, entrare in una dimensione
sconosciuta e imprevedibile. Da questo punto di vista, la morte
diventa la comodità, la sicurezza, il bozzolo, l’essere incapsulati
come una vitamina. Questa è la morte. Il samsara rappresenta il
preferire la morte alla vita.(…)
Quando vi ritrovate davanti il solito, vecchio senso di ansia, quando
il vostro mondo si sta disintegrando e non vi sentite più all’altezza
dell’immagine che avete di voi stessi, quando tutti vi irritano perché
non fanno quello che volete voi, anzi sembrano mettervi il bastone fra
le ruote, quando proprio non vi piacete e non vi piace nessun altro,
quando la vostra vita è tutta uno squilibrio emotivo, confusione e
conflitto, a questo punto ricordatevi che vi trovate in tale tempesta
emotiva proprio perché state facendo rotta, in modo più o meno deciso,
verso la comodità”.
Pema Chodron