“La signorina cuorinfranti” di Daniele Vecchiotti, Romanzo, Ed. Zero91, 2011
E’ un bel libro che con leggerezza ed ironia prova ad entrare in profondità nei vissuti connessi all’esperienza dell’obesità femminile.
L’autore intreccia una trama divertente e smaliziata affrontando temi importanti: il cibo come strumento di cura e affetto all’interno della famiglia, il grasso come corazza che protegge dal confronto-scontro col mondo esterno, la disinibizione alimentare come forma di autoaccudimento e compensazione, lo stretto legame tra emozioni e cibo, il corpo come inesorabile luogo di confronto così miseramente umano anche nel modo in cui vive la sessualità.
E riesce a fare una critica della società tristemente vittima dell’apparire ridicolizzandola dall’interno, mettendone a nudo le contraddizioni, portando alla luce le insicurezze, svelando la triste umanità che si nasconde dietro al mondo delle beauty farm, così drammaticamente di moda.
E infatti non troviamo più nulla di strano nel nascondere le nostre insicurezze dietro a strati di tonificanti, snellenti, scrubs, trattamenti viso purificanti, creme giorno-notte per tonicità e luminosità, collagene anti-occhiaie, latte idratante fluido corpo, nettoyant visage, antirughe, anti-macchie, emollienti antiaging, alghe, cetrioli, estratti di kiwi e cedro, olio di mandorla tropicale, bagni UVA e massaggi drenanti, lifting, botulino ecc..
Il riscatto della protagonista sovrappeso passa attraverso l’accettazione di sé (che però non si riduce al “grasso è bello”) e alla straordinaria agilità con cui impara a trarre vantaggio dalla sua condizione, nel corso degli eventi rocamboleschi del libro.
Ecco alcuni estratti del libro, che consiglio di leggere:
“[…] Ti sorrido ed esalto il tuo make-up, dicendoti convinta e sincera quanto ti sta bene, come ti illumina il viso e mette in risalto il colore degli occhi. Te lo dico perché ci credo, perché io per prima finisco col vedere più l’artifizio che la realtà, più la pennellata di vernice fresca che il muro screpolato sotto. Te lo dico perché sentirti vera ma brutta non ti servirà mai a nulla di buono, mentre fingerti stupenda, anche solo per un attimo, ti metterà le ali.”
“[…] Ma una cicciona si abitua sin da piccola all’idea di accontentarsi, di scendere a compromessi, di farsi sbattere nel bagno da uomini sposati o di doversi prendere uno di quelli scartati dalle altre, di venire insomma sempre in seconda battuta. Lo sapevo benissimo sebbene fingessi di sentirmene lusingata: le porcherie che faceva con me nella toilette degli uomini, Lamberto non le avrebbe chieste né alla moglie né a un’eventuale altra amante magra e carina. Con la femmina grassa o brutta, il maschio è più libero di tirare fuori la bestia, l’istinto pecoreccio, incurante della convenzione sociale. La bella figliuola dalla pelle liscia e dalla mutandina sottile fa sentire l’uomo in posizione di inferiorità, messo alla prova, in ansia da prestazione, obbligato a comportarsi secondo il bon ton erotico. Con una come me invece si può tirar fuori tutto lo schifo, l’animalità, la perversione e il lordume. Così finisce che anche tu perdi il senso del rispetto di te, impari che sarai amata a condizione di accettare, di abbassar la testa e mostrarti accondiscendente, sottoponendoti ai diktat del piacere altrui. […] Perché la mia storia di donna grassa mi aveva inculcato nel cervello questo crudele senso di inferiorità per il quale, dovendosi continuamente scusare col mondo per tutti i suoi inestetismi, una cicciabomba come me non poteva mai arrogarsi il diritto di pretendere granchè dalla vita.”
Se volete saperne di più: recensione Mangialibri.com.