Il circolo vizioso del Panico
Cosa fare
Per prima cosa rivolgiti al tuo Medico per effettuare alcuni accertamenti ed escludere eventuali disturbi organici (ad es. ipertiroidismo). E’ importante porre un limite ragionevole al numero di esami, che potrebbero nascondere una difficoltà ad accettare la natura psicologica del problema.
La punta dell’iceberg
Il disturbo di Panico è spesso l’espressione di un disagio nascosto, a volte un blocco in una fase cruciale del percorso evolutivo personale. La psicoterapia aiuta a capire il ruolo del disturbo nel proprio percorso esistenziale, a rispondere a domande come:
Cosa sta segnalando questo panico?
Cosa vuole comunicare?
Sono bloccato? Sono felice?
Terapia Cognitivo-Comportamentale
Sei stufo di dipendere da un farmaco, di vivere nella paura che possa ritornare l’attacco, di avere il terrore di affrontare una coda in auto o alle poste?
Sei stufo di nascondere il problema, di temere che qualcuno scopra il tuo “segreto” e ti giudichi male?
Vorresti tornare alla normalità?
Se aspetti a curarlo potrebbe diventare cronico.
Se ti affidi a un farmaco potrebbe essere difficile abbandonarlo in seguito.
La psicoterapia cognitivo comportamentale, individuale o di gruppo, può aiutarti a risolvere il problema in modo definitivo e dare un senso a quello che stai vivendo.
E’ una terapia psicologica breve, un percorso strutturato e collaborativo, efficace nella maggior parte dei casi, che permette di liberarsi per sempre dagli Attacchi di Panico. Ecco i contenuti principali:
Psicoeducazione, Rilassamento e Respirazione Diaframmatica, Esposizione graduale alle sensazioni corporee e alle situazioni temute, Ristrutturazione Cognitiva delle credenze disfunzionali, Assertività e Problem Solving, ecc.
L’Agorafobia
Con l’aggravarsi dei sintomi si cerca di evitare ogni situazione che potrebbe evocare un attacco, specialmente i luoghi affollati, i luoghi chiusi, le file, gli spazi aperti, i posti in cui si è soli, ecc.
Gli evitamenti possono portare a cambiare radicalmente il proprio stile di vita, a limitare la propria autonomia, a vivere confinati in pochi luoghi “sicuri”, incapaci di tollerare la minima variazione dalla routine quotidiana e spesso in balia di un farmaco che ci si porta sempre con sé.
Nei casi più gravi l’isolamento sociale può portare ad una forma di depressione secondaria.
Un esempio: il caso di Giovanna
Dott. Stefano Zucchi
Psicologo Psicoterapeuta