Quello che il bruco chiama fine del mondo
il resto del mondo lo chiama farfalla.
Senza cambiamento non ci sarebbero le farfalle.
Ho appena compiuto 22 anni e scrivo qui una testimonianza riguardo il mio percorso attraverso l’anoressia, da cui posso dire di essere uscita definitivamente da circa un anno.
Sono sempre stata una ragazza normopeso, circa sui 53 kg e mi sono sempre vista carina e con un bel fisico, finché all’età di 19 anni qualcosa è cambiato. Tutto è iniziato durante il periodo dell’esame di maturità: tanto studio, lo stress, la paura e l’ansia mi portarono a concentrarmi molto sulla scuola e a lasciar perdere un po il cibo. Mi sembrava normale e, finita la maturità, speravo di riprendermi e godermi le vacanze. Poi però si sono aggiunti altri problemi: un nuovo lavoro e la paura di sbagliare, i litigi col fidanzato e quelli in famiglia, il sentirmi poco considerata dagli altri e il vedermi leggermente ingrassata in vista della dannata “prova costume”. E così, senza accorgermene, mi sono inesorabilmente ammalata: evitavo sempre più spesso di mangiare, rifiutavo di partecipare alle cene in compagnia, mi chiudevo in me stessa e diventavo sempre più nervosa. Mai avrei pensato però di soffrire di una vera e propria malattia, che ogni giorno mi portava a fare dei gesti orribili pur di eliminare quel poco che mangiavo. Essendo anche una ballerina, facevo tanta attività fisica e questo mi aiutava a perdere peso. In pochi mesi ho perso più di 10 kg, vedevo la mia pancia piatta e potevo finalmente indossare tutto quello che volevo: ero contenta ed orgogliosa che l’ago della bilancia continuasse a scendere. La situazione però stava velocemente peggiorando: avevo le ossa sporgenti e avevo perso le curve della mia femminilità. Cercavo di nascondermi da tutto e tutti, per me mangiare era un “suicidio”, avevo il bisogno di vomitare tutto quello che ingoiavo ovunque fossi, persino una caramella o un cappuccino. Ero ossessionata da tutti i cibi e mi studiavo tutte le etichette per capire quali fossero gli alimenti più leggeri. Purtroppo dopo circa un anno sono arrivata a pesare 41.5 kg e non avevo più forze né energie, così i miei genitori hanno iniziato a farmi domande. Erano disperati e mi portarono spesso dal medico di base, ma io non volevo ammettere di essere malata.
Una frase detta da mio padre alla fine di una esibizione di danza mi fece riflettere: “Non ho visto ballare la Jessica, ma un mucchio di ossa!”. Informandosi tramite internet la mia famiglia è venuta a conoscenza della malattia e mi ha portata in una clinica specializzata. Sono così iniziati gli incontri con lo psicologo e ho iniziato un percorso per i disturbi del comportamento alimentare. Questa malattia non si cura in fretta e bisogna prima di tutto accettare di essere malati, cercando di capire che tutto quello che si sta facendo è sbagliato. Io continuavo ad aver paura di ingrassare, ma non potevo più vivere in quelle condizioni. Ho deciso di entrare in terapia per la mia famiglia e per le mie più grandi passioni, gli animali e la danza, e senza di loro non sarei mai uscita da questo inferno. La dottoressa mi ha subito fatto notare i problemi fisici che la malattia mi aveva causato: il battito cardiaco più lento, la pressione bassissima, le mani ed i piedi sempre freddi, la caduta dei capelli, le unghie fragili, i denti macchiati, lo scarso ciclo e l’assenza di ormoni che poteva rendere difficili future gravidanze. I dottori mi hanno dato molta fiducia e io non volevo più deludere chi mi voleva bene, così ho ripreso a mangiare per aumentare peso, finché finalmente dopo circa un anno ho raggiunto il peso obiettivo di 50 kg e sono guarita.
Ora ho ricominciato a vivere, godendomi ogni momento e persino il mangiare è diventato un vero piacere!!! Non voglio dimenticare questa esperienza negativa perché mi ha fatto capire tante cose. Sto concludendo la terapia e sono davvero felice di poter esser qui a raccontare la mia storia.
Jessica