Solitamente quando si racconta una storia si parte dall’inizio; in questo caso però la mia storia inizia dalla fine.
Quando un pomeriggio d’Ottobre dopo tanta insistenza da parte dei miei genitori e tantissimo disappunto da parte mia, ho accettato di sottopormi ad una normale visita di controllo finita ben diversamente da come mi aspettavo.
Mi è bastato vedere lo sguardo allarmato della Dottoressa per capire che si trattava di una cosa seria e che c’era qualcosa che non andava… Avevo 39 battiti al minuto e dovevo decidere se intraprendere un programma di recupero o essere ricoverata. Il mio fisico si trovava ad un passo dalla morte e io ne ero inconsciamente all’oscuro. Lì per lì non riuscivo a capire cosa stesse succedendo o quello che stesse cercando di dirmi; riuscivo solo ad interrogarmi su come avessi fatto ad arrivare a quel punto.. Per essere, io mi sentivo bene.
Mi ha impressionato il fatto di esserci caduta dentro senza essermene nemmeno resa conto, continuando a negare di avere un problema e continuando per l’appunto a rispondere “non preoccupatevi, sto bene”a tutti quelli che si erano accorti del mio cambiamento, sia fisico sia comportamentale.
Non per niente la chiamano «malattia invisibile».
Eppure anche dopo aver capito di aver toccato il fondo, i primi giorni ancora non mi ci riuscivo a identificare, subendo delle forti crisi esistenziali in cui a stento riuscivo a controllare le mie emozioni. Non riuscivo a crederci… Tant’è che alla fatidica domanda della Dottoressa: “ sapresti dirmi di che malattia soffri?”, rimasi impietrita. Malattia? Automaticamente scoppiai a piangere. Ero spaventata della mia stessa situazione e mi sentivo in colpa, ero anche molto confusa e non sapevo cosa rispondere.
Dopotutto ero convinta di non avere niente che non andasse…
Anoressia.
Ecco di cos’ero malata. Un’anoressia che si è nascosta bene dentro di me manipolandomi e respingendo tutti quelli che insinuavano che non stessi bene. Continuavo a sostenere di non avere nessun problema, ero solo un po’ “fissata con la dieta e l’esercizio”.
Quando realizzai di trovarmi dentro l’anoressia, molte angosce di quell’ultimo periodo si spiegarono, ed ero veramente delusa da me stessa, delusa di essere caduta in una malattia che non avrei mai considerato come mia perché l’ho sempre vista come una forma di debolezza. Per me, il termine “anoressica” era una connotazione dispregiativa, come un insulto all’intelligenza di una persona.
“ Ti pare che sono anoressica? Ma come ti viene in mente, non sono mica stupida!” E mi arrabbiavo, me la prendevo proprio! Orgogliosa e ingenua. Ma soprattutto, molto, molto determinata nei miei obbiettivi.
Esserci passata, infatti, mi ha fatto capire quanto in realtà l’anoressia sia forte e pericolosa, soprattutto dal punto di vista psicologico, essendo in grado di cambiarti, schiavizzarti e isolarti dalle altre persone. Quando c’ero dentro la cosa più importante per me era mantenere il controllo della mia alimentazione, o meglio, del mio disturbo alimentare. Esso mi sembrava l’unica boa di salvezza a tutti i disagi che fanno parte della vita quotidiana.
Mi ero ridotta a ricordarmi tutto quello che assumevo durante la giornata, facendo un sacco di stupidi calcoli e stando attenta a non mangiare mai più ‘del dovuto’; nel caso, dovevo compensare con un bel digiuno o un bel po’ di esercizio fisico.
Vedete… il fatto strano è che a quel punto io non volevo dimagrire, anche perché mi ero stancata della gente che mi stressava col fatto che ero troppo magra.
Molti spesso mi hanno chiesto se continuavo a dimagrire perché continuavo a non piacermi o a vedermi ‘grassa’, ma non è affatto così! Io le sentivo le mie ossa, mi faceva male l’osso sacro quando stavo seduta, le vedevo le anche sporgenti, e mi dava fastidio il ripudio che dimostrava la gente quando mi abbracciava e le sentiva.
Io non volevo essere più magra. La mia paura costante era quella di ingrassare!
A lungo andare infatti queste routine mentali diventavano sempre più rigide, mangiavo sempre di meno e dimagrivo sempre di più anche perché ormai rispetto a quello che mi ero imposta di mangiare, tutto mi sembrava ‘un sacco di cibo’. La situazione era degenerata e contrariamente a quello che pensavo, era decisamente fuori controllo.
Ormai non avevo più le forze per divertirmi o dedicare tempo ai miei amici e non riuscivo a capire cosa mi stesse succedendo, non c’era più niente che m’interessasse e mi sentivo depressa e sconcertata dalla vita che stavo vivendo, dentro di me speravo fosse solo un periodo destinato a passare. A volte avevo crisi depressive perché mi rendevo conto che non c’era più niente che mi emozionasse; ero apatica e delusa. Inoltre tutta la gente che m’incontrava continuava a dirmi che ero troppo magra e che non andavo bene e questo mi faceva stare ancora peggio perché non avevo neanche più la soddisfazione del mio fisico.
Non mi piacevo, e giuro che ero intenzionata a riprendere un po’ di peso… ma solo il fatto di aggiungere un pacchetto di cracker per merenda mi sembrava troppo! Di quel passo non ce l’avrei mai fatta.
Ringrazio i miei genitori per aver lottato contro la mia indisposizione ed avermi convinta ad incontrare questi specialisti ( Percorso NonDiSoloPeso ndr) che mi hanno aperto tutto un altro mondo, o meglio, mi hanno riaperta al mondo. Senza di loro, e senza aver intrapreso il loro programma non ce l’avrei mai fatta.
Mi hanno seguita e monitorata per parecchi mesi e non sempre è stato facile, tutt’altro.. Ma quando sono rientrata nel normopeso e davo segni di guarigione dal disturbo mi sono riguadagnata piano piano la mia indipendenza. Inizialmente ero scettica, avevo paura che l’anoressia mi avesse segnata per tutta la vita, ma appena raggiungevo dei buoni risultati mi sentivo meglio e la sentivo allontanarsi.
Durante il percorso ho imparato a riconoscerla e a evitarla, ora infatti, sono convinta che sia stata una esperienza che mi ha insegnato molto della vita, facendomi rivalutare ciò che veramente è importante in essa, sminuendo tutte le mie precedenti fisse.
Ora finalmente la mia vita ha ripreso colore, risate, amici, spensieratezza e amore; e sinceramente preferisco rinunciare ad un ‘fisico perfetto’ piuttosto che rinunciare a tutte queste cose. Non voglio più soffrire come ho sofferto quando ne ero dentro, ora finalmente sento di essermi tolta un gran peso e di aver recuperato quel sorriso e quella positività di una volta.
Basta schemi mentali, negazioni, fisse, routine, sensi di colpa.
Sono libera e sono più forte di prima.
G.
Aprile ‘14